Mancato ritiro dei capi.

La sottoscrizione delle clausole da parte del cliente.

A questo punto occorre richiamare l'attenzione sul problema relativo alla prolungata giacenza dei capi presso la tintolavanderia a causa dell'inerzia del cliente che non provveda al loro ritiro, anche nel caso in cui l’impresa abbia comunicato di avere effettuato il servizio pattuito e di non poter continuare a custodire i capi medesimi.

Fermo restando quanto sopra indicato circa le responsabilità di custodia della tintolavanderia, deve essere sottolineato che, sulla base delle norme previste dal Codice Civile e dagli stessi Usi civici, alle tintolavanderie risulta, attualmente, vietata la possibilità di disfarsi dei capi non ritirati e lasciati in giacenza anche se per lunghi periodi di tempo.

Tale possibilità sarebbe ammessa e lecita esclusivamente nel caso in cui la tintolavanderia avesse rilasciato al cliente una ricevuta recante, oltre alla firma della tintolavanderia medesima, anche una doppia sottoscrizione da parte del cliente: la prima, per accettazione delle condizioni generali di contratto (oggetto del servizio, termini, descrizione dei capi, corrispettivo), e la seconda per accettazione della specifica clausola volta a liberare la tintolavanderia da ogni responsabilità per i capi non ritirati con facoltà di disfarsene dopo un determinato periodo di tempo decorrente dalla data prevista per la riconsegna.

La specifica approvazione per iscritto da parte del cliente si impone proprio perché tale clausola – in quanto volta a stabilire a favore della parte contraente che la ha predisposta (la tintolavanderia) una esplicita limitazione di responsabilità, correlata ad una decadenza da un diritto a carico dell’altro contraente (il cliente) - appartiene alla categoria delle clausole onerose o vessatorie di cui all’art. 1341, comma 2, cod. civ.. Dette clausole - in quanto stabiliscano a favore di colui che le ha predisposte limitazioni di responsabilità, decadenze da diritti o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria o obblighi di ricorso pregiudiziale alla conciliazione - non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto dalla parte contraente a carico della quale sono state inserite nel contratto: in tale ottica si suole parlare di contraente “forte” (nel caso di nostro interesse l’impresa di tintolavanderia) e di contraente “debole” (nel caso in esame il cliente o consumatore).

In particolare va rilevato che, secondo la norma richiamata ed in base a quanto chiarito dalla Giurisprudenza costante, la sottoscrizione per accettazione delle clausole vessatorie o onerose da parte del cliente deve essere distinta, in modo autonomo e separato (anche con il semplice richiamo del titolo o del numero d'ordine con cui le stesse sono inserite nel testo contrattuale), dalla sottoscrizione delle condizioni generali di contratto e degli altri patti contrattuali. La previsione tassativa delle norme in questione è volta, evidentemente, a soddisfare l'esigenza che il contraente/cliente (cosiddetto contraente "debole") che aderisca a tale categoria di clausole ne sia perfettamente a conoscenza.

Il sistema previsto dal Codice Civile è stato ulteriormente rafforzato dalle norme previste dalla legge 6 febbraio 1996, n. 53, concernente i contratti conclusi fra gli imprenditori ed i consumatori aventi ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi, di cui agli artt. 1469-bis e seguenti del Codice Civile, come sostituiti, più di recente, dal Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante il “Codice del Consumo” (articoli da 33 a 37). Le suddette clausole sono definite e considerate come vessatorie in quanto risultino tali da determinare a carico del consumatore un significativo squilibrio di diritti e di obblighi derivanti dal contratto (come nei casi di clausole mirate ad escludere o limitare azioni, diritti o facoltà del consumatore, ovvero di clausole dirette a riconoscere e riservare a vantaggio dell’imprenditore diritti, facoltà o condizioni). Le norme citate hanno previsto, in particolare, che tali clausole si presumono vessatorie, salvo prova contraria, e che, pertanto, sono nulle.

Tuttavia, va rilevato che le stesse norme prevedono che, in sede di accertamento giudiziale, la vessatorietà o meno di dette clausole debba essere valutata tenendo conto della natura del servizio che costituisce l’oggetto del contratto e delle circostanze esistenti al momento della sua conclusione, nonché delle altre clausole presenti nel contratto. In tal senso le medesime clausole potrebbero anche essere valutate come pienamente efficaci. Inoltre, le norme in esame hanno previsto che le clausole in questione non sono considerate vessatorie qualora siano state oggetto di trattativa individuale, vale a dire di esplicito accordo fra imprenditore e consumatore (comma 4 dell’art. 34 del D.Lgs. n. 206/05).

Altresì, va evidenziato che laddove il contratto sia stato “concluso mediante sottoscrizione di moduli e formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l’onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore.” (art. 34, comma 5, del D.Lgs. n. 206/05). In sostanza, anche nei casi indicati le medesime clausole potrebbero risultare pienamente efficaci.

Pertanto, si deve sottolineare come il regime giuridico previsto dalle norme vigenti risulti molto complesso e come lo stesso sia suscettibile di interpretazioni alquanto differenziate in sede di pratica applicazione nei singoli casi concreti. Volendo applicare le norme citate alla situazione di nostro interesse, ciò che deve essere evidenziato con molta attenzione è che la questione del mancato ritiro dei capi da parte del cliente e della eliminazione delle giacenze da parte della tintolavanderia non può essere regolata né risolta in base al rilascio di una semplice ricevuta sottoscritta unilateralmente dalla tintolavanderia, neppure nel caso in cui la clausola sulla eliminazione della giacenza dopo un periodo determinato venisse chiaramente indicata nella ricevuta medesima e neanche nel caso in cui la clausola stessa venisse portata a conoscenza del cliente per il tramite della sua affissione in appositi avvisi nei locali della tintolavanderia.

Nelle situazioni indicate sarebbe comunque necessario ricorrere alla specifica sottoscrizione delle clausole in questione e spetterebbe pur sempre all’imprenditore (il “professionista”) l’onere di provare che tali clausole sono state oggetto di specifica trattativa con il consumatore.

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