Consumatori: come difendersi nei confronti del negoziante
Un consumatore acquista un capo di abbigliamento, lo utilizza per un determinato periodo poi si reca in presso un pulitintore per il lavaggio.
Il capo viene trattato dall’artigiano secondo le indicazioni riportate in etichetta di manutenzione tuttavia il capo si danneggia. Il consumatore contesta il vizio al lavandaio il quale dimostra attraverso una perizia ( rapporto contrattuale ex art. 1218 c.c. ) che l’etichetta è errata ed invita il consumatore a rivolgersi al venditore del bene ( contratto di compravendita ). Il venditore stipula con il consumatore un contratto di vendita.
Il bene, da marzo 2002 (decreto legislativo 24/2002 successivamente recepito nel Codice del Consumo) ha due anni di garanzia obbligatoria prevista per legge. I capi di abbigliamento ai sensi della vigente normativa devono riportare le indicazioni corrette per il lavaggio. L’etichetta errata rappresenta un vizio della cosa. Il venditore ai sensi dell’art. 1494 c.c. deve risarcire i danni derivati dai vizi della cosa Il venditore può liberarsi se prova di aver ignorato senza colpa i vizi della cosa.
Cosa significa senza colpa?
L’articolo in commento pone una presunzione di conoscenza a carico del venditore anche per i vizi occulti
Come può liberarsi il venditore da questa presunzione?
Risponde la cassazione: "Il commerciante ha il dovere professionale di effettuare controlli periodici e a campione al fine di evitare che notevoli quantitativi di merce presentino gravi vizi" (cass. 9277/91)
Suggerimento in particolare per capi di un certo valore (ad esempio capi in pelle)
Si suggerisce, una volta acquistato il capo, di portaro a manutenere entro i due anni dalla data di acquisto per verificarne l'attendibilità dell'etichetta di cimposizione e manutenzione. Termine entro il quale si può far valere il diritto di garanzia nei confronti del negozio presso cui si è acquistato.